II Workshop AIDIC su “Metanolo come vettore energetico” presso la Scuola Politecnica dell’Università di Genova
8 Marzo 2023Fonte: LaTermotecnica di febbraio 2023
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WASTE TO METHANOL: LA PRODUZIONE DI METANOLO DA RIFIUTI URBANI
L’Ing. Giacomo Rispoli, ingegnere chimico, Presidente del Gruppo di Lavoro (GdL) AIDIC sulla Transizione Energetica e CEO di MyRechemical, la società dedicata allo sviluppo di progetti nel campo dell’economia circolare del Gruppo Maire Tecnimont, ha trattato quindi il tema della produzione di metanolo da rifiuti. L’intervento è iniziato con una breve descrizione della Maire Tecnimont e delle attività che presidia per la transizione energetica.
Questa transizione ed è un parere largamente condiviso in AIDIC non sarà breve: di fronte ad essa è giusto tenere una posizione corretta, non dando adito a ingiustificati entusiasmi. Andando a guardare i rifiuti solidi urbani (RSU), essi attualmente sono grosso modo per un terzo organico, per un terzo soggetti a recupero (carta, vetro, plastica) e per un terzo destinati agli inceneritori/termovalorizzatori o alle discariche; è su questi ultimi che la NextChem e la sua controllata MyRechemical, società del Gruppo, hanno deciso di intervenire attraverso i distretti circolari verdi.
Il Distretto Circolare Verde è una piattaforma tecnologica e industriale che include tre ambiti della transizione energetica: il riciclo della plastica recuperabile, il riciclo chimico della plastica non recuperabile e degli inerti (per produrre sostanze chimiche e carburanti), la produzione di idrogeno verde. Il rifiuto non riciclabile prende il nome di combustibile derivato dai rifiuti (RDF), di origine municipale, commerciale e industriale, che, assieme al plasmix e ai rifiuti speciali, può scindersi in molecole gassose e dar luogo a prodotti chimici di base, come idrogeno, metanolo, etanolo, e da questi a carburanti di vario tipo (FAME, SAF, MTBE, ETBE, ecc.) e a prodotti chimici (polietilene, etilacetato, ecc.).
Interessante è notare che il contenuto energetico di questo rifiuto è alto, più di un terzo di quello del gasolio, e quindi non va sprecato bruciandolo o portandolo a discarica. Il processo impiegato per la trasformazione dell’RDF è la gassificazione, una tecnologia di conversione ad alta temperatura che usa come agente ossidante ossigeno anche puro (come sperimentato in diversi impianti industriali dal 2001); esso dà come prodotto il gas di sintesi, la matrice dei successivi prodotti, e come residuo solo una serie di ossidi che diventano granulato vetrificato inerte per l’industria della ceramica e del cemento (16,5% sul rifiuto) e un fango da essiccare (4,0% sul rifiuto).
Da qui il gas di sintesi, dopo purificazione e condizionamento, passa al processo di sintesi del metanolo per dar luogo appunto a metanolo e ad una corrente minima di idrogeno, con un processo decisamente “energy intensive”. Nell’esaminare questi processi bisogna però fare riferimento all’analisi LCA: in questo caso, di fronte al processo convenzionale di produzione del metanolo, le emissioni di CO2 del complesso gassificazione più sintesi del metanolo, sottraendo quelle dell’inceneritore che sarebbe necessario per il trattamento dei rifiuti, sono inferiori del 70% ed oltre: perciò il complesso si può definire “a bassa impronta carbonica”. Se poi per trattenere la corrente di CO2 in uscita dal condizionamento, che è già ad elevata purezza, aggiungiamo un sistema di liquefazione e trasportiamo la CO2 liquida (o supercritica) in uno stoccaggio naturale (giacimento depleto o acquifero salino), raggiungiamo una quantità di emissioni della CO2 al sito pari a zero e, in termini di LCA, addirittura negativa, visto che intombiamo anche la CO2 biogenica del rifiuto, in alternativa emessa nell’atmosfera.
È sempre vero che il complesso è piuttosto energivoro in termini di potenza assorbita per la separazione dell’aria, di gas naturale di sostegno della gassificazione e di vapore a MP e BP; però, quando saremo in grado di usare energia elettrica e idrogeno elettrolitico, entrambi prodotti da fonti rinnovabili, potremo mandare direttamente il gas di sintesi, purificato e portato alla composizione corretta con l’aggiunta di idrogeno, alla sintesi del metanolo, evitando l’invio della CO2, in eccesso a stoccaggio e producendo addirittura una quantità extra di metanolo.
Infine l’ing. Rispoli ha illustrato i vantaggi dell’uso di metanolo come carburante marino di fronte ad altri carburanti (idrogeno, ammoniaca, metano, olio combustibile denso), anche se prodotti in maniera sostenibile; così come la convenienza di installare un complesso del genere nella prossimità di un porto, con la possibilità di ricevere rifiuti via mare, distribuire metanolo tramite collegamento via tubo con il porto e utilizzare l’idrogeno prodotto in ambito portuale.
La conclusione è che il metanolo, ricavato dai rifiuti in maniera sostenibile, può essere il carburante che va a sostituire l’olio combustibile bunker oggi impiegato, contribuendo così a creare i porti “green”. È prevista anche la produzione di idrogeno a bassa impronta carbonica e a basso costo, che agevola la mobilità nei porti e favorisce lo sviluppo della economia deIl’H2, sulla quale l’Europa sta puntando molto. Insomma dai rifiuti metanolo ed idrogeno per decarbonizzare i nostri porti.
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