NextChem, the circular fuels revolution

Fonte Materia Rinnovabile - 13 July 2021
NextChem, the circular fuels revolution

di Emanuele Bompan

Idrogeno ricavato da fonti rinnovabili o dalla conversione di rifiuti, riconversione dei vecchi siti produttivi e biocarburanti di nuova generazione: la strategia di NextChem é assai articolata, e contribuisce a quel cambiamento culturale indispensabile perché la decarbonizzazione possa avere successo.

Industrializzare l’innovazione, un tema complesso, soprattutto nei grandi progetti di biochimica e chimica verde, dove ottime idee spesso si arenano per la difficolta di trovare un abilitatore per lo scale-up. Oppure dove la riqualificazione dei brownfield, prevalentemente siti industriali chimici, petrolchimici o siderurgici, da cui partire per avviare o consolidare un percorso di transizione energetica e ridare vita e futuro alle proprie attività, non è semplice. Ma nella grande sfida per la decarbonizzazione dell’industria, un tema centrale, ribadito anche dalla strategia del Green Deal Eu e dal meccanismo Just Transition, è proprio quello di ripensare i distretti della chimica (settore industriale che pesa complessivamente per il 19% delle emissioni di tutta l’industria), agendo su tre fronti chiave: ridurre i consumi di plastica laddove possibile e spingere sul riciclo chimico meccanico dei rifiuti in plastica; decarbonizzare la produzione dell’energia utilizzata nell’industria chimica; “defossilizzare” i feedstock utilizzati per la produzione dei composti chimici di base, senza contare poi la produzione di nuove forme di energia e carburanti low carbon, come waste-to-hydrogen o Hvo e etanolo di seconda generazione. Uno dei grandi protagonisti di questa trasformazione, che guarda alla realizzazione di distretti circolari della chimica, è NextChem, società fondata nel 2018 dal Gruppo Maire Technimont, leader nell’engineering del settore del downstream oil&gas, per occuparsi dello sviluppo di tecnologie e impianti per la transizione energetica. “Il modello di NextChem é pensato proprio per dare una risposta alle principali sfide di questi anni, quella della decarbonizzazione, per mantenere nei limiti la temperatura del pianeta; quella dell’economia circolare, per trasformare gli scarti in nuove risorse e usare queste nuove risorse nei processi produttivi riducendo parallelamente l’estrazione di materie prime e risorse naturali. E infine quella della mobilita sostenibile”, spiega a “Materia Rinnovabile” Pierroberto Folgiero, Ceo di NextChem e del gruppo Maire Tecnimont. Una visione che ha tra gli obiettivi la creazione
di un ideale “distretto circolare” dove sviluppare le tecnologie del presente e del futuro per una chimica circolare e per realizzare carburanti e fonti di energia innovative, business case che siano sempre più attraenti per i capitali verdi, scalabili e industrializzabili. Un modello funzionale alla riconversione dei siti industriali cosiddetti brownfield, prevalentemente siti industriali chimici, petrolchimici o siderurgici, che devono avviare o consolidare il proprio percorso di transizione energetica e ridare vita e futuro alle proprie attività, un futuro sostenibile.

L’idrogeno della transizione è circolare

Quella dell’idrogeno circolare è una proposta targata NextChem che trova ampio spazio nel dibattito incorso a livello globale sul ruolo dell’idrogeno low carbon o fossilfree nell’economia del futuro. “L’idrogeno verde, prodotto a partire da fonti di energia rinnovabile è certamente la strada del futuro, ma i costi sono ancora molto alti (circa quattro volte quelli dell’idrogeno convenzionale da steam reforming) e gli aspetti legati alla continuità energetica ancora non rendono questa tecnologia applicabile nell’immediato per i processi industriali, che necessitano di una costanza nell’approvvigionamento e di una sostenibilità economica, in assenza di incentivi”, spiega Folgiero.

Già oggi possiamo invece produrre idrogeno utilizzando rifiuti,a un costo competitivo con i fossili e, in questo modo, anche incentivarne il riciclo. Questo processo rappresenta un agevolatore verso una produzione completamente green entro i prossimi 20-30 anni.

La piattaforma tecnologica NextChem per la produzione di idrogeno e altri chemicals “circolari” si basa su un processo di ossidazione parziale ad alta temperatura, che produce un gas di sintesi che poi viene trasformato in idrogeno o altri prodotti chimici o carburanti, come il metanolo e l’etanolo.
Una tecnologia che potrebbe integrare anche l’elettrolisi, per migliorare ulteriormente la carbon footprint. La tecnologia per produrre idrogeno a partire dalla conversione chimica di rifiuti quali plasmix e Css (combustibile solido secondario, derivato dalla lavorazione dei rifiuti urbani non pericolosi e speciali non pericolasi) permette una riduzione dell’impatto carbonico con un abbattimento fino all’80% della CO, se comparata con l’idrogeno grigio, ovvero tradizionale, da steam reforming.
Oltre al vettore energetico, dal gas di sintesi si possono produrre anche metanolo oppure ammoniaca (NH3). La NH3, stoccabile liquida e a bassa pressione, contiene una quantità di idrogeno (H) importante, seconda solo al metano (NH,), che può essere usata come succedaneo nelle fuell cell oppure essere impiegata come carburante meno carbon-intensive nel settore navale. Con Eni si stanno sviluppando i primi due progetti italiani di impianti per la produzione di idrogeno e di metanolo da conversione chimica di plastiche e materiale secco da rifiuto. Questi impianti nasceranno rispettivamente presso le raffinerie di Porto Marghera e di Livorno, mentre recentemente è stato annunciato uno studio preliminare alla possibile conversione della raffineria di Taranto per produrre gas di sintesi per idrogeno per alimentare i processi di idrodesolforazione dei carburanti, e un gas ricco di ossido di carbonio che potrebbe essere impiegato nella vicina acciaieria, sia nei processi in altoforno sia nelle nuove tecnologie Dri (Direct Reduced Iron), contribuendo alla decarbonizzazione dell’industria siderurgica. Un altro importante processo “circular” è il Waste to Ethanol, sviluppato con LanzaTech, leader delle carbon recycling technology. Il processo base del riciclo chimico si integra con un processo che dal gas circolare (come quello che verrà prodotto a Marghera e Livorno), tramite la tecnologia biologica LanzaTech di syngas fermentatíon potrà generare etanolo sfruttando batteri bioingegnerizzati.
L’etanolo, che in Italia viene totalmente importato, è anche un intermedio importante per una serie di componenti chimici, quali l’etil-acetato — un solvente pregiato per le vernici auto di cui l’Europa è forte importatore — e l’alcol, utilizzato come disinfettante. Essendo derivanti dal riciclo, questi prodotti chimici promuovono modelli circolari di consumo.

Una nuova generazione dl carburanti


Un altro pezzo importante del modello Nextchem sono i carburanti di seconda generazione, attraverso l’uso di biomasse non food, che costruiscono il segmento delle tecnologie Green dell’azienda. Uno degli accordi più interessanti siglati da NextChem è quello con l’azienda brasiliana Granaio e dedicato alle biotecnologie industriali: lo sviluppo e la commercializzazione della licenza di GranBio 2G Ethanol per la produzione di etanolo a base cellulosica. 2G sta per seconda generazione, poiché usa le biomasse non destinate al settore alimentare in biocarburanti rinnovabili e a bassa intensità di carbonio.”Noi offriremo le competenze nell’area Epc (Engineering, Procurement e Construction) e la presenza globale del gruppo per offrire servizi integrati, dagli studi di fattibilità all’integrazione di filiera e alla costruzione di impianti produttivi in tutto il mondo. In questo modo contribuiremo al processo di decarbonizzazione del settore dei carburanti in un modo efficiente, redditizio e neutrale dal punto di vista carbonico”, spiega Folgiero. Al momento a Sao Miguel dos Campos, in Alagoas, Brasile, è attivo il primo impianto, con una capacità produttiva di 30 milioni di litri/anno; inoltre, il 100% del biocarburante può essere potenzialmente esportato verso i mercati americano ed europeo.
Un impianto multi-materia poiché si possono usare ogni tipo di rifiuti agricoli e biomasse a base ligneo-cellulosica, come la paglia, il miscanto, le bucce del mais e scarti lignei come quelli dell’eucalipto e del pino.

Nel segmento del diesel rinnovabile (Hydrotreated Vegetable Oil, detto Hvo) è ben avviata la collaborazione con la società statunitense Saola Energy per la diffusione di una tecnologia chiavi in mano, altamente modularizzata, che consiste in una fase di idro-trattamento seguita da una di isomerizzazione per produrre Diesel rinnovabile di alta qualità, a partire da oli e grassi residui. Si tratta di un modello di bioraffineria di piccola taglia (da 30.000 a 90.000 tonnellate/anno), adattabile anche per bioraffinerie integrate. Integralmente sostituibile al Diesel tradizionale, l’Hvo può costituire una tecnologia di transizione di medio periodo, facilmente impiegabile in tanti paesi in via di sviluppo e in mercati dove la domanda di carburanti per uso di autotrasporto con mezzi pesanti è primaria. “Il vantaggio è che questi impianti sono realizzabili direttamente dove si produce la biomassa di scarto, riducendo i costi di logistica e i tempi di approvvigionamento e massimizzando l’uso delle risorse locali”, continua Folgiero.

Idrogeno verde e superblu


Il 75% dell’idrogeno viene prodotto tramite steam reforming del gas naturale. Si definisce “idrogeno grigio” ed è responsabile (insieme al reforming del carbone) di circa il 3% delle emissioni globali di CO2.Questo perché il carbonio contenuto nella fonte fossile viene direttamente scaricato all’atmosfera durante il ciclo produttivo. Mentre numerose compagnie come Eni stanno promuovendo attivamente progetti con cattura e uso della CO2 (idrogeno blu), cresce lo sviluppo di progetti per l’idrogeno verde, che ha costi superiori ma impatti ambientali decisamente ridotti. In queste tecnologie stanno investendo paesi come la Germania che ha allocato 9 miliardi di euro nei piani di ripresa per generare il primo elemento della tavola periodica e la Francia, con 2 miliardi di euro che saranno finanziati tramite la Recovery and Resilience Facility. Il Gruppo Maire Tecnimont vuole posizionarsi nel ruolo di “front runner” per l’applicazione della tecnologia dell’elettrolisi per la produzione di idrogeno green e nel segmento super-blue, che impiega energie rinnovabili come mezzo per il riscaldamento termico dei forni di reforming. Al momento, l’idrogeno verde rappresenta solo il 2% della produzione a causa di costi molto alti (tra i 3,5 e i 5 euro/chilo, contro 1,50 euro/chilo del grey hydrogen). Tuttavia, secondo La IEA il crescente prezzo della CO2e la riduzione dei costi delle rinnovabili, che per il solare fotovoltaico dovrebbe assestarsi su 1,3 centesimi di euro/KWh, renderanno nel breve termine questa tecnologia assolutamente competitiva. “In questa fase di transizione, prima che il Green hydrogen raggiunga la maturità, il Blue hydrogen, il Super Blue hydrogen e il Circular hydrogen avranno un ruolo fondamentale in ottica lowcarbon”, spiega Pierroberto Folgiero.

“Lo sviluppo del settore dei biocarburanti, inevitabile nel percorso transitorio verso l’elettrico e comunque fondamentale per alcuni segmenti del settore dei trasporti, pone un tema gigante di upstream”,commenta Folgiero. “Occorre uno sforzo per trovare nuove soluzioni per incrementare i feedstock non-food di origine vegetale, che hanno disponibilità limitata e problemi di logistica e di conservazione ancora da affrontare. Lo sviluppo di tecnologie che usano i rifiuti come feedstock è una strada indispensabile, sia in termini transitori sia di prospettiva, per colmare il gap delle fonti advanced, che attualmente sono limitatissime. Per percorrere questa strada va fatto uno sforzo culturale, oltre che tecnologico: bisogna unire la visione dell’economia circolare alla visione della bio economia, studiando le sinergie e promuovendo le simbiosi tra settori. Ma, soprattutto, bisogna porsi nell’ottica di considerare i rifiuti come materia prima pregevole, non come scarti da eliminare e come problema sanitaria da risolvere.