The virtuous decarbonisation of the Green Circular District

Fonte Economy - 13 July 2021
The virtuous decarbonisation of the Green Circular District

NextChem (Gruppo Maire Tecnimont) presenta un modello avanzato per affrontare in modo ambientalmente ed economicamente sostenibile tre delle più grandi sfide del futuro.

di Sergio Luciano

Pianeta Terra, anno 2025. L’auto è ferma davanti al distributore di idrogeno e sta facendo rifornimento. Una brezza leggera si alza, portando un profumo di fiori che l’idrogeno, completamente inodore, non copre. Il cielo è terso, la città è una delle meno inquinate al mondo: cinque anni fa ha scelto la via della transizione energetica e sostituito combustibili e carburanti fossili con l’uso di energie rinnovabili e di prodotti bio-chimici e circolari.

Alle spalle del distributore un treno merci fa il suo ingresso nel Distretto Circolare: trasporta materiali plastici, in parte scarti industriali, imballaggi di prodotti industriali, commerciali, agricoli che non sono più utilizzabili e devono essere riciclati, e in parte materiali plastici che sono state scartati dal processo di selezione della raccolta differenziata ma che sono troppo preziosi per essere bruciati e che non trovano altra destinazione, perché le discariche sono state chiuse. I materiali vengono scaricati dai vagoni ed entrano in un sistema integrato “modello”, uno dei primi al mondo, un caso di eccellenza.

I rifiuti plastici “migliori” sono trasformati in nuova materia prima, sottoforma di granuli che verranno usati per produrre nuovi oggetti di plastica. I rifiuti plastici e secchi non recuperabili fisicamente entrano in un convertitore chimico che “preleva” le molecole di carbonio e di idrogeno e le trasforma in un gas di sintesi, un gas “circolare”, che poi a sua volta viene trasformato  in idrogeno, un idrogeno “circolare”.

L’impianto abbatte le emissioni di CO2, che potrebbero avere effetti “serra” e far conseguentemente aumentare la temperatura sul pianeta, provocando cambiamenti repentini del clima che causerebbero danni ad intere popolazioni. L’energia che serve è prodotta da fonti rinnovabili che alimentano anche un elettrolizzatore che produce idrogeno dall’acqua. L’idrogeno prodotto viene immesso nel processo produttivo di una Bio-raffineria, ma viene anche utilizzato per alimentare la rete di distribuzione al servizio della mobilità sostenibile cittadina. Quello che ieri era un rifiuto, è tornato ad essere un prodotto utile alla società, senza impatto sull’ambiente. Quello che oggi è un carburante è una fonte di energia intelligente e pulita, ieri era uno scarto. Non è un film, non è Star Trek, né un museo della scienza o un parco a tema. È il racconto di quanto potrebbe già essere realtà, di un progetto che potrebbe concretizzarsi tra pochi anni, anche nel nostro Paese, che anzi potrebbe essere il primo Paese al mondo ad adottare un modello del genere. Si tratta del modello di Distretto Circolare di NextChem, la società che il Gruppo Maire Tecnimont, leader nell’engineering del settore del downstream oil&gas, ha creato due anni fa per affrontare la sfida della transizione energetica, attraverso l’ingegnerizzazione di soluzioni industriali per la decarbonizzazione e la chimica verde.

Il modello è pensato anche per il rilancio green dei cosidetti siti brownfield: chimici, petrolchimici e siderurgici

Il modello di NextChem è pensato proprio per dare una risposta alle sfide principali di questi anni, quella della decarbonizzazione, per mantenere nei limiti la temperatura del pianeta; quella dell’economia circolare, per trasformare gli scarti in nuove risorse e usare queste nuove risorse nei processi produttivi riducendo parallelamente l’estrazione di materie prime e risorse naturali. E infine quella della mobilità sostenibile.

Il modello è anche pensato per un rilancio Green di siti industriali cosiddetti brownfield, prevalentemente siti industriali chimici, petrolchimici o siderurgici, che devono avviare o consolidare il proprio percorso di transizione energetica e ridare vita e futuro alle proprie attività, un futuro sostenibile.

Le tecnologie alla base di questo modello, tecnologie esistenti e provate, sono state integrate da NextChem, che sta già sviluppando per Eni i primi due progetti di impianti per la produzione di idrogeno e di metanolo da conversione chimica di plastiche e materiale secco da rifiuto. Questi impianti nasceranno rispettivamente presso le raffinerie di Porto Marghera e di Livorno.

La tecnologia di produzione di gas di sintesi e di idrogeno da materiali plastici e secchi di scarto si basa su un processo di ossidazione parziale, seguito da una successiva fase di purificazione, che consente di non produrre inquinanti. Il Gas Circolare che si ottiene da questo processo può essere utilizzato come tale, per le sue qualità riducenti, all’interno di processi produttivi come quello siderurgico, in sostituzione di gas di sintesi prodotto da metano o di derivati del carbone (come il polverino di carbonio), abbattendo le emissioni “climalteranti” generate, e con un costo inferiore. Il Gas Circolare può inoltre essere utilizzato come base per la produzione di “idrogeno circolare”, o metanolo, o una molteplicità di altri composti chimici fondamentali per l’industria.

Altro ”pezzo” del Distretto Circolare di NextChem è la tecnologia che consente di riciclare “fisicamente” i rifiuti plastici, una tecnologia proprietaria che si chiama MyReplast e che è stata installata in un impianto industriale sito a Bedizzole, in provincia di Brescia. In questo impianto da 40.000 tonnellate di capacità annua e dal 95% di efficienza di riciclo vengono prodotte polimeri riciclati di qualità in grado di sostituire polimeri vergini di origine fossile.

Nel disegno circolare di NextChem non può mancare l’idrogeno verde prodotto attraverso l’elettrolisi, utilizzando fonti rinnovabili: il Gruppo Maire Tecnimont sta perseguendo con grande imprenditorialità e con un ruolo di “front runner” l’applicazione della tecnologia dell’elettrolisi per la produzione di idrogeno green, la versione più sostenibile dell’idrogeno, con emissioni zero di CO2.

NextChem, con questa proposta, disegna un modello del futuro che è realizzabile già oggi, con tecnologie collaudate e con una sostenibilità di tipo anche economico. È una proposta modulare, che si adatta ai contesti locali e che può prevedere un’integrazione per fasi successive.

La proposta di Nextchem disegna un modello di futuro che è realizzabile già oggi con tecnologie collaudate

«È una sfida, quella della transizione energetica, che richiede approcci visionari ma consolidati, soluzioni resilienti e sicure», dichiara  Pierroberto Folgiero, Ceo di Maire Tecnimont e di NextChem. Maire Tecnimont, nel suo percorso di Green acceleration, vuole mettere a disposizione di questa sfida ambientale il grandissimo know how ingegneristico che il gruppo ha nell’impiantistica chimica tradizionale. E per questo ha creato una società ad hoc, NextChem: per poter offrire al mercato competenze specialistiche per progetti ingegneristici nell’area della chimica verde. «La nostra intuizione è stata quella di andare sulle nostre competenze core, plastica e prodotti chimici, ripercorrere la strada all’indietro, capire come potevamo fare per “smontarli” e rimontarli partendo da feedstock non fossili, dunque di origine biologica e rinnovabile, o di origine circolare, ovvero trasformando scarti in materia prima. Abbiamo cercato di colmare il gap tra il costo dei prodotti fossili e il costo dei prodotti green, perché siamo convinti che gli investimenti verdi debbano essere produttivi e redditivi» prosegue Folgiero. «Occorre in altre parole confezionare business case che siano sempre più attraenti per i capitali verdi: ci sono stati cambiamenti oserei dire “epocali” nella mentalità degli investitori, oggi sono possibili operazioni che fino a qualche anno fa erano impensabili, ma dall’altro lato occorre trasformare la mobilitazione green in industria, le opinioni in fatti e numeri, e i numeri devono essere di segno positivo».

Un orizzonte vicino e concreto, quello della transizione energetica, che nella fase del post Coronavirus sarà ancora più apprezzato, più sentito, più necessario, per rilanciare l’economia in chiave green, in linea anche con gli indirizzi dell’Unione Europea, ricostruire il tessuto industriale con un approccio moderno, per creare nuovi posti di lavoro e nuove competenze e per rendere più autonomo dal punto di vista energetico ed industriale il nostro Paese. «Il periodo che ci attende sarà estremamente sfidante», dichiara Fabrizio Di Amato, Fondatore e Chairman di Maire Tecnimont, un Gruppo da oltre 9.000 tra dipendenti e collaboratori nel mondo, di cui 3.000 solo in Italia, con un Dna tutto italiano e una supply chain che privilegia il Made in Italy e verso il quale ha una grande attenzione e cura. «Dobbiamo utilizzare questo momento di crisi per ricostruire un’Italia diversa, più moderna, più attrattiva per gli investimenti, meno burocratica, laddove la burocrazia di per sé non è un disvalore, ma deve essere al servizio della crescita del Paese e non un ostacolo. I progetti che fino a ieri potevano essere percepiti come visionari, oggi devono essere considerati con occhi diversi: per rilanciare l’economia dobbiamo proiettarci nel futuro, con grande spirito unitario e imprenditoriale».

ECONOMIA CIRCOLARE: UNA RIVOLUZIONE CON AL CENTRO UNA NUOVA CULTURA D’IMPRESA

di Pierroberto Folgiero

L’economia circolare è di fatto un nuovo paradigma, un nuovo approccio culturale che consente di rendere sostenibile l’economia di mercato, non rinunciando alla crescita ma facendo in modo che tale crescita sia compatibile con la limitatezza delle risorse naturali e con gli equilibri delicati del pianeta. Un nuovo paradigma che è una quarta rivoluzione industriale, dopo quelle del carbone, delle macchine automatiche e della digitalizzazione; una rivoluzione che si porta dietro un profondo cambio di visione e di ruolo dell’impresa. La responsabilità del produttore lungo tutto il ciclo di vita del prodotto, principio fondante della circular economy e dell’assetto normativo europeo in materia, impone un ripensamento profondo della progettazione dei prodotti, delle tecniche produttive, degli approvvigionamenti di materiali, finanche del modello di business. La disponibilità di materia seconda consente una maggiore indipendenza di imprese e Paesi da economie estere e permette di riconnettersi con i territori. Una circolarità “a km zero”, in cui l’elemento di disturbo del circuito virtuoso è più evidente, non rischia di scomparire nella vastità di un’economia globalizzata, dove i buoni e cattivi comportamenti sono facilmente individuati e sanzionati, a beneficio di un’etica economica che non è “buonismo”, ma uso consapevole, razionale  e ottimale delle risorse.